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Zaven a Operae
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Il duo Enrica Cavarzan e Marco Zavagno di progettazione ha esplorato i segreti dell'intaglio del legno altamente specializzato e meticoloso effettuati dai lavoratori instancabili dell'università antica del Minusieri.
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La settima edizione di Operae, la fiera di Torino di progettazione indipendente, accanto «a Piemonte fatto a mano», collaborazioni fra i crafters dei progettisti (varia internazionale compresa un) e le presentazioni dalle gallerie dello specialista, hanno visto l'aspetto di piccolo ma progetto affascinante. «Trecentottanta denominato: Dei Minusieri di Università di sull'Antica di Appunti» (Tre-cento-e-ottanta: Note sull'università antica di Minusieri), come progetto speciale per l'evento, è stato dato uno spazio tutto a se stesso, destra all'entrata del reservoir meraviglioso di della di Palazzo il dal Pozzo, che ha alloggiato la città metropolitana di Torino dal 1945 ed è stato liberato degli scrittori per l'occasione.
«Tre-cento-e-ottanta» descrive una delle realtà più affascinanti della capitale piemontese in cui le sedi dell'università antica di Minusieri, ebanisti e padroni del trasporto – dal più menuisier francese (carpentiere) – ora sta andando per 380 anni. Zaven, aka Enrica Cavarzan e Marco Zavagno, una delle coppie creative più interessanti nel campo di progettazione non appena in Italia, hanno fornito un'interpretazione fresca di questa tradizione antica. Il duo ha stabilito un vicino e dialogo tempestivo con il passato, che è sviluppato ad un livello storico-culturale come pure materiale, grazie alla ricerca meticolosa dell'archivio, presentata sotto forma di installazione semplice con un impatto forte, quasi surreale, caratterizzato da tre grandi schermi su cui sono le macro-rappresentazioni sporgenti dei dettagli decorativi antichi, radiografie degli intarsi acrobatici come pure due elementi di mobilia (uno schermo e un cassettone). Questi visualizzano un grafico e una progettazione di lingua di progettazione che è in accordo con Zaven peculiare, lavoro, omni-completi accurato nella sua espressione, puliti e marcati come pure l'analisi effettuata negli ultimi mesi dalle coppie – vale la pena di citare che i fondi raccolti dalla vendita di questi due oggetti saranno donati alle vittime di terremoto.
L'università antica del Minusieri rappresenta una delle imprese più di lunga durata nell'area: fondato a Torino nel 1636, per quattro secoli è stata attiva nel passare i segreti dell'intaglio del legno alto-specializzato e meticoloso dai lavoratori appassionati e instancabili, di cui le abilità tecniche non cessano mai di affascinare. Intagliatori del legno, ebanisti, vettura-costruttori – le parole che appartengono ad un altro del tempo sono coloro che continua oggi questa attività sorprendente fatta di precisione, di pazienza, di esperienza e delle lunghe ore del lavoro dell'intarsio, lisciando, decorazione. Di Operae «presente alle società ed ai progettisti una nuova prospettiva sul mondo di progettazione, una prospettiva in cui le abilità manuali ed il prestigio dei manufatti bilanciati fra arte ed il mestiere suggeriscono le nuove possibilità per azione i del mercato», dice Annalisa Rosso, a cui audace ha assegnato questa edizione, «essi ha incaricato Zaven con il loro approccio unico di progettare per questo sguardo specifico alla memoria dell'artigiano, memoria che sebbene sia distante è ancora ricca con ispirazione e si apre ai revisitations». Realizzato in collaborazione con il centro di Venaria Reale della La per conservazione e ripristino ed il San Carlo Technical Schools Association, «Trecentottanta» ci dà un vivace e la visione dinamica di questo art. antico Enrica e Marco vaglia con la storia e contesto storico delle aree dove sono stati rivolti a per intervenire, parlano con noi circa questa esperienza e come paragona al presente.
Maria Cristina Didero: Leggo dentro la presentazione circa la fiera che «la progettazione riflette i suoi propri periodi. Nella sintesi convenzionale di un oggetto, i segni ed i significati sono trovati inevitabilmente che appartengono alla specificità di un'età». Come, nel vostro parere, fa la progettazione contemporanea riflettono i nostri periodi?
Enrica Cavarzan: Con gli amici ho gradito sempre indovinare e ricordare le date delle canzoni, delle mode e degli oggetti. Sapendo individuare nel tempo di spazio «un'immagine» del passato è molto interessante e sempre mi ha aiutato a capire perché stiamo muovendo come questo oggi. Ogni oggetto ci dice circa il progettista che lo ha progettato, il materiale che è fatto da, in cui il paese è stato fatto. Al giorno d'oggi un telefono o un pezzo di abbigliamento è fatto di molti elementi che convergono dalle parti differenti del mondo. Gli oggetti ora più riflettono che mai un periodo storico segnato mediante l'uso di fabbricazione globalizzata.
Marco Zavagno: Il passo veloce dei nostri periodi definitivamente ha influenzato l'elaborazione di progettazione contemporanea. C'è una ricerca interessante di novità e questo ha incoraggiato un incrocio molto interessante, che ha reso a progettazione più aperti ai nuovi campi di ricerca, come biologia o scienza per esempio, dimostrante come questa disciplina può trasformarsi in in un driver chiave per la nuova economia.
Maria Cristina Didero: Il minusiere di parola significa la legno-scultura fine, il lavoro più dettagliato rispetto alla falegnameria fatta dal capomastro. Quanto è il contesto storico in cui un oggetto è capace nato di influenzare una progettazione?
Zaven: Nel caso del minusieria molto, perché la produzione degli oggetti, le porte, i soffitti, gli scaffali e le stanze private dentro i palazzos più bei a Torino sono stati fatti in uno stile barrocco delle corti francesi dei 1700s. Inoltre oggi il contesto è molto importante perché inoltre è collegato alla tecnologia di produzione che sta evolvendosi molto più rapidamente.
Maria Cristina Didero: Il legno, come materiale iconico, ha un'attrazione particolare per voi?
Zaven: Il legno ha un'attrazione unica perché dargli una forma che dovete lavorare da sottrazione o piuttosto scoprire una forma nascosta, come la pietra. Il legno descrive una storia di tempo e di geografia, ogni pezzo diventa unico e rivela nel suo lavoro il suo carattere, la sua forza e l'unicità.
Maria Cristina Didero: Come dovrebbe un progettista agire oggi per quanto riguarda la responsabilità di fronte alla storia, o di grande eredità? E più precisamente come la fate? – nel caso dove questo accade.
Zaven: La storia è molto importante nella nostra pratica, serve a capire dove siamo ora, per formare una consapevolezza e per aiutarci a andare più avanti. Lo studio del che cosa già è stato fatto, o piuttosto scoprire come un tema già è stato trattato, è il punto di partenza per l'immaginazione gli scenari, le nuove applicazioni e delle soluzioni nuovi.
Maria Cristina Didero: È il passato – la storia di progettazione – un punto di partenza per voi, una fonte di ispirazione? Lascimi spiegare: sono le influenze storiche (considerevolmente quelle italiane di importanza speciale ad un livello internazionale) preparatorie a fare più e migliorano o voi non fanno i confronti con il passato e non cominciano esclusivamente con il presente?
Zaven: Cerchiamo la base su cui costruire le nostre progettazioni, le ispirazioni sono varie, derivato molto spesso da arte, modo, l'architettura, abbiamo bisogno dei suggerimenti a partire dal passato di costruire il presente ed il futuro.
Maria Cristina Didero: Avete insegnanti? Sono ci personalità di importanza particolare per voi?
Enrica Cavarzan: Sì, ho molta gente che prendo come riferimento; Proverò e vi darò alcuni nomi fra coloro che mi ha interessato e mi ha ispirato fare questo lavoro: Josef e Anni Albers, Franz West, Vivienne Westwood, Carlo Scarpa.
Marco Zavagno: Più degli insegnanti, molti amanti, certo durare, altri momentanei. Il problema è quello con un insegnante che vero dovete conoscerli e frequentarli, amarli ed odiarli, un insegnante è una persona con un corpo e un carattere, qualcuno con cui andate in viaggio e condividete le esperienze. Ma senza dubbio Ettore Sottsass, Donald Judd e Spike Jonze sono segnali che sono molto distanti l'uno dall'altro ma che continuo a considerare con grande interesse.
Maria Cristina Didero: Come curatori ma anche come autori di determinati pezzi, che cosa erano le influenze iniziali per lo sviluppo di questo lavoro a Operae?
Zaven: Non definirei i nostri come curation nel senso classico della parola, ma piuttosto un progetto in cui avessimo lavorato con le varie lingue. La maggior parte della cosa importante era di creare una storia, o piuttosto di introdurre ad un pubblico contemporaneo una realtà conosciuta principalmente agli storici in quell'area. Abbiamo costruito la descrizione a tre livelli, o piuttosto l'aspetto storico (i documenti redatti), l'unicità (dettagli degli oggetti) e la tecnologia (le ricerche della mobilia). In primo luogo siamo stati influenzati da una serie di eccellenze torinesi, il titolo siamo stati suggeriti da Alighiero Boetti, la geometria della mobilia, probabilmente da Giacomo Balla, l'attenzione al dettaglio da Pietro Piffestti.
Maria Cristina Didero: In che modo ed in fino a che punto è oggi l'aderenza alla sua propria era un bene di determinazione per un progettista? Io significate, mai progettereste come nel passato, facendo uso dei metodi obsoleti?
Zaven: La vera sfida è di usare le tecniche passate per fare gli oggetti che hanno un significato attuale. Certamente le tecniche dove la componente umana sta determinando sono più emozionanti quelle, noi significano le cose come la fabbricazione delle terraglie su una ruota o su un vetro bocca-soffiato o dove il prodotto finito è sempre lo stesso ma sempre unicamente differente.
Maria Cristina Didero: Quanto fa il senso dell'identità, provenienza l'influenza il vostro lavoro?
Zaven: Molto, crediamo molto nell'idea della lingua perché è qualcosa che si evolva continuamente ma sempre abbia radici molto forti; che cosa progettiamo è il risultato di un insieme delle forze e dei fattori, storico e geografico. Viaggiamo molto e questo ci permette di familiarizzarsi con le culture ed i dati storici differenti, gradiamo l'idea di potere elaborare e migliorare la nostra lingua, per aggiungere il nuovo vocabolario, ma siamo convinti che la radice italiana rimanga stabilita sempre saldamente e riconoscibile.
Maria Cristina Didero: Osservando specificamente il progetto di Torino: Gradisco l'idea della sostituzione degli intarsi tradizionali dell'osso, per esempio, con gli elementi stampati. Come e fino a che punto faccia il passato e presente vivono insieme?
Zaven: È importante che vivono accanto ad uno un altro, perché la nostra esistenza è basata su evoluzione. Se non possiamo riconoscere gli errori ma anche i meriti del passato potremo progettare un presente e futuro sostenibile.