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#Tendenze

La fiducia ventennale di Ceramica Flaminia nel design

Prima azienda del bagno a collaborare con i designer, dopo una serie di oggetti icona, Flamina inaugura il concetto di ceramica light.

La storia di successi accumulati da Ceramica Flaminia negli ultimi venti anni ha molto da insegnare. La prima cosa, quella che di solito è allo stesso tempo in primo piano e dietro le quinte, è la fiducia nella potenzialità del design: la serietà della forma calibrata sul contenuto in opposizione ai frequenti populismi (progettuali). C’erano dubbi? No. Ma quando a fine anni Novanta gli sforzi erano concentrati per uscire da una crisi, nemmeno una figura che rendesse esplicita questa ovvietà. Finché nel 1997 Roberto Palomba suggerisce Giulio Cappellini. Sostenuto dall’intuizione che da un impasse si esce solo con un nuovo atto fondativo, anche il più estremo: Giulio, poi art director di Flaminia dal 2004, non sapeva nulla di ceramica. Molto invece di cosa è fatta la sostanza di un’azzardo, e cioè di qualcosa che non si è ancora visto in circolazione. Come il “colpaccio” del lavabo Acquagrande, che in breve sovverte qualsiasi associazione puntuale e corretta con l’arredo bagno, già dall’oggetto su cui è ispirato: un abbeveratoio per animali. E sposta di netto la preferenza del mercato verso i modelli da appoggio, rendendo improvvisamente obsoleti i lavabi a colonna. Perché fino a poco tempo prima nessuno immaginava potesse fare a meno di un “piccolo lago” con un “ponte” su cui mettere sapone e crema notte.

Ma d’altronde sempre nessuno, prima di Ceramica Flaminia, era riuscito nella sfida progettuale di ottenere un sanitario squadrato, cioè con angoli quasi vivi. Per trasformarlo in status symbol occorreva un designer, e Flaminia è il primo brand a creare un rapporto proficuo con un progettista. Celebrato anche da una collezione limited edition affidata a dieci importanti architetti e designer, Acquagrande è nel frattempo diventato un oggetto icona copiatissimo. Tuttavia, poiché mirato alla categoria vasi e bidet, forse la collezione Link ha avuto un impatto ancora più devastante, e altrettante copie, se non di più. Dice Cappellini: “È senza dubbio la collezione di sanitari con più copie al mondo”; rincara Palomba: “Da Link in poi i progettisti hanno cominciato a creare, anziché comporre, le stanze da bagno”. E in effetti lo sforzo stilistico dei due designer è notevole: insieme creano i primi sanitari sospesi. Essenziali e minimalisti perché esaltati dall’assenza totale di attacchi a vista, per il 1999 una rivoluzione. Ancora in atto. E la lezione che se affrontato con intelligenza – nel caso di Link combinando una forma quadrata con una tonda - può diventare oggetto del desiderio anche l’accessorio meno nobile.

Nel tempo, Giulio ha chiamato big del design come Paola Navone e Nendo, senza dimenticare Jasper Morrison. Costruendo passo dopo passo un’offerta bella e variegata, attenta alle superfici e ai materiali. Forte singolarmente ma ancora di più quando mescolata, perché in sostanza studiata in funzione del dialogo tra le collezioni. La sfida di oggi però è tutta concentrata sulla varietà delle finiture. Appurata infatti la competenza rigorosa con cui in azienda sono realizzati i prodotti, dagli stampi creati a partire da una forma modellata a mano fino al controllo qualità finale, dove si valuta se il difetto è recuperabile oppure no, e dunque mettendo in conto una percentuale di scarto, la tendenza nel bagno sta tornando a un certo decorativismo: alla tattilità e ai colori, agli effetti lucidi e opachi, satinato e silver, anche oro. Una circolarità di linguaggi che tra vintage e fotogenia obbligatoria da social network, rende il bianco classico dei sanitari quasi l’ultima delle opzioni possibili. È la sensibilità che Giulio Cappellini definisce “ceramica light”: l’insieme delle strategie che, accanto al core business dei sanitari, amplia le applicazioni del materiale e così facendo anche il concetto lifestyle del marchio. Nel 2010 è stato il turno del piccolo sgabello di Alessandro Mendini; l’anno scorso di Flaminia Lighting: la prima collezione di luci da terra, soffitto e parete.

Essere “light” però non significa improvvisare, significa essere pronti alle richieste e avere una struttura flessibile. Che garantisca, per esempio, l’innesto su 300 articoli di una nuova finitura cromatica, senza tuttavia oltrepassare i quaranta giorni medi di messa in produzione dei prodotti. Significa gestire in sicurezza i pezzi oversize con macchine dedicate, come i lavabi Monoroll e il Monowash. Significa, e non certo per ultimo, studiare la resa del colore in rapporto alla forma, perché una forma squadrata può rendere un colore sordo, e viceversa una tonda esaltarne un altro. E non già colori generici, ma una palette elaborata in rapporto alla storia dell’arte. Il rosso Rubens, per esempio, non è una formula pubblicitaria, bensì un tono del maestro fiammingo. L’obiettivo comunque è quello di stravolgere il “conformismo” della ceramica, e sorprendere. Persino con l’inganno ottico di un cambio di materiale: con una passata di bronzo il lavabo Boll di Paola Navone si trasforma in una bacinella che pare di zinco, con un’altra di grafite in un pezzo in pietra serena. A voi la scelta.

La fiducia ventennale di Ceramica Flaminia nel design

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