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Laboratori della modernità

La mostra curata da Irina Chepkunova a Berlino racconta, attraverso 250 elementi, la didattica svolta al Vchutemas, principio del Costruttivismo e di tutta l’architettura russa dal 1920 al 1930.

La mostra “Vchutemas: laboratori di produzione da Mosca a Berlino” porta nella capitale tedesca, al Martin-Gropius Bau Museum, 250 elementi circa provenienti dal Museo Statale di Architettura di Mosca, erede negli ultimi vent’anni dei documenti della didattica svolta al Vchutemas, definita la Bauhaus russa e principio del Costruttivismo e di tutta l’architettura russa prodotta dal 1920 al 1930.

Il Vchutemas era un laboratorio pensato per rinnovare lo spirito di ogni arte e, infine, quello dell’uomo; per curare la tecnica con la quale il miracolo è attuabile; e per compiere quei prodigi che l’architettura richiede costantemente, così come insegnava Ladowski. Lo studio dei laboratori di produzione di Mosca trovò collocazione ideale, in vista di una comprovata corrispondenza con le modalità di lavoro sulle materie trattate negli istituti di Weimar prima, di Dessau e Berlino poi.

Irina Chepkunova ha raccolto in mostra un cospicuo campione di schizzi, disegni e modelli, presentando una parte della simmetria, che vede Mosca da un lato e Berlino dall’altro, oggi sede dell’Archivio Bauhaus. Le parole di Walter Gropius circoscrivono il pensiero condiviso da entrambe le scuole e che insiste sull’ispirazione degli studenti, la quale deve avvenire sia sul fronte artistico sia su quello del mestiere. I docenti che frequentavano l’uno e l’altro centro, talvolta anche prestando servizio didattico in entrambe le sedi, veicolano le teorie assemblate nel tempo, come nel caso di Vasilij Kandinskij o di El Lissitzky, autore delle prime pubblicità marchiate Pelikan e che, nel 1921, approdò a Berlino come rappresentante russo, tra altre personalità come Theo van Doesburg e László Moholy-Nagy.

La struttura organizzativa di tipo scolastico, che richiamava gli stimoli di produzione creativa presenti in Europa negli stessi anni, fa pensare a una necessità avanguardista di un artigianato espressivo in funzione sperimentale. Si veda il padiglione dell’Unione Sovietica all’Esposizione Internazionale delle Arti Decorative e Industriali Moderne, progettato nel 1925 per il contesto europeo di Parigi da uno dei laboratori di cui era responsabile Aleksandr Rodčenko, come effettivo esempio del continuo scambio tra i due poli.

L’articolazione dei metodi doveva molto alle teorie che, nello stesso periodo, circolavano in Germania; eppure era inevitabile una specificazione legata allo sviluppo dei punti utili alla maturazione di un progetto. La determinazione di una forma doveva passare dalle caratteristiche necessarie a raggiungere la rappresentazione di un volume e di un peso, che riflettevano le regole del dinamismo presenti nelle strutture, in modo che il ritmo diventasse visibile attraverso la relazione e la proporzione tra i piani.

Un processo pragmatico che, dopo aver conferito proprietà fisiche a un’idea costruttiva, si realizza per mezzo di un passaggio di stato e comincia a esistere solo tramite la percezione.

Dotati di dipartimenti adibiti alla ricerca in diversi ambiti, i laboratori tecnico-artistici di Stato (Vysshie CHUdozhestvenno-TEchnitchesskie MASterske) basavano i propri insegnamenti su intervalli di tempo più ampi rispetto alla scuola tedesca, con l’obiettivo di accogliere una prima fase di formazione artistica o scientifica e tre anni successivi, utili a specificare l’iter di studio con corsi di grafica, pittura, produzione industriale e scultura.

Il direttore del dipartimento di Architettura, Nikolai Alexandrovich Ladowski, sosteneva ci dovesse essere una chiara visione d’insieme unita alla forza dei dati scientifici, producendo dei risultati derivanti dal continuo esercizio di soluzioni formali astratte a scopo architettonico. Alla base delle discipline proposte risultava un grande interesse per la percezione, in quanto principale strumento di ricezione, attività per cui si istituì un intero corso.

Un’avanguardia che si responsabilizza dei simboli propagandistici dell’epoca, rendendo facile la collaborazione per progetti di grafica per manifesti pro bellici o per studi su strutture di grandi dimensioni per ospitare le funzioni costitutive della città, e i lavori di tesi, come lo studio sullo Stadio Rosso o sui quartieri residenziali, diventano occasione per studiare i numeri del potere.

A eccezione dei lavori di Sokolow per le terme, lo stadio di Kolli o la città-giardino di Golz, si tratta di una grandezza che dimentica di citare il verde nel suo contesto di collocamento, lasciando emergere l’artificiale presenza dell’uomo, vigoroso e robusto.

Nel 1927, in nome di una caratterizzazione scientifica dell’apparato scolastico fu cambiato persino il nome dell’Istituto in Vchutin, ritrattando i legami con la produzione artistica, per un’economia pianificata che sceglieva l’industria pesante. Se da un lato la nuova Russia, forte ed energica, promosse la fondazione di questo istituto nel 1920 con un decreto del governo sovietico, perché simbolo del cambiamento che avveniva in nome della Rivoluzione d’Ottobre, ora la stessa potenza virava in favore di un realismo radicale di stampo socialista che portò l’ex-Vchutemas alla chiusura nel 1930. Il dipartimento di Architettura venne fuso con quello di Ingegneria civile a Mosca, riflettendo il destino comune ripartito con la simmetrica Bauhaus, la quale chiudeva nel 1932 a Dessau e, definitivamente, a Berlino nel 1933, sotto la direzione di Mies van der Rohe e per mano di un governo nazionalsocialista che non accettava questo tipo di dimensione creativa, all’origine del design contemporaneo.

Nel medesimo tempo, ma in spazi diversi, le fotografie, i disegni e le parole di quel clima collaborano ancora oggi tra loro, attraverso i documenti, nel mantenere quel sogno di una nuova era, diventata moderna, con risultati possibili solo tramite una totale immersione nella propria attività con una partecipazione del tutto attiva al fine di produrre, o riprodurre.

Laboratori della modernità

Info

  • Berlin, Germany
  • Irina Chepkunova