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#News
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TENENDO L'IT (ONU) REALE
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DIETRO LA FACCIATA DI VIDEO INTRODUZIONE SUL MERCATO DI STARCHITECT
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In un momento in cui gli sviluppi importanti in città occidentali tendono ad essere più «investimento» che «l'abitazione», il ruolo dell'architetto si è evoluto dal progettista di spazio abitabile al produttore delle attività finanziarie. in sua video serie (ONU) il RealShit, critiche di Davide Tommaso Ferrando del critico di architettura i video commercializzanti usati dagli architetti che per mezzo del video che pubblica come strumento critico per rivelare alcuni di nuovi modi in cui l'ideologia architettonica sta costruenda e diffondenda con il web. Qui Ferrando spiega le idee dietro le sue serie per uncube ed i presente tre film che caratterizzano «le costruzioni auto costruzione», gesti di Bjarke Ingels e che cosa percepisce per essere la retorica vuota di Daniel Libeskind.
Quello una grande parte di produzione architettonica è perso ai processi del commodification e quello con tali processi le sue rappresentazioni principali – immagini e parole – sta rimodellando drammaticamente dalle strategie di marketing, dovrebbe ampiamente riconoscersi ormai.
Al giorno d'oggi, la maggior parte dei discorsi circa «il mediatisation» dell'architettura insistono sulla sollecitazione della sua vicinanza della logica dello spettacolo e del ruolo dello starchitect – stesso una parola che mette la disciplina in rapporto alle sfere culturali di consumo di massa quali musica, il cinema e lo sport – come la chiave di volta di intera edizione. È certamente vero che gli architetti si trasformano in una volta in figure pubbliche, la loro trasformazione dalle persone nei personaggi è inevitabile – Gehry scontroso ed il suo dito medio, Aravena l'anti--starchitect, Bjarke il grande trasmettitore – ma concentrarsi su questi argomenti irrilevanti devia lo sguardo fisso dalla logica strutturale che sta dietro la cortina di fumo dello starchitect, che invece sono collegati con gli effetti della dinamica capitalista sui processi dell'urbanizzazione.
per metterlo semplicemente: le costruzioni progettate dagli starchitects valgono di più (e vendi meglio) che quelli che non sono, grazie alla descrizione di successo che i media filano per loro. Così la figura dello starchitect risulta essere basicamente un simulacro specificamente costruita dal settore immobiliare, per la legittimazione e la riproduzione di che – parte molto grarice dell'economia globale che è basata sulla speculazione di terra.
Ora, il mio reclamo è che la situazione attuale è caratterizzata da un'evoluzione ulteriore di questo fenomeno, che va ben oltre la descrizione dello starchitect – sebbene ancora la abbia bisogno – e quello sia stato richiamato almeno da tre recenti e dai fattori correlati: il financialisation del mercato immobiliare, la liberalizzazione di progettazione urbana e l'esplosione della comunicazione digitale.
In primo luogo, il financialisation del mercato immobiliare ha provocato la separazione «dell'abitazione» «dalla costruzione» e dall'architettura riduttrice ad un mero strumento finanziario. Come Alastair Parvin lo mette: «… quando parliamo del mercato degli alloggi, dovremmo capire che che cosa stanno vendendi non sono così tanto le case come le ipoteche – le case sono appena il veicolo». In secondo luogo è la liberalizzazione di progettazione urbana e dell'apertura successiva del mercato immobiliare ad un numero senza precedenti degli attori – che a sua volta sono stati costretti ad inventare i discorsi specifici e le strategie di comunicazione puntati su garantendo gli affitti del monopolio dai loro investimenti. Per concludere, l'esplosione della comunicazione digitale ha permesso che questi stessi attori creassero e globalmente diffondessero le loro descrizioni tramite strumenti avanzati di comunicazione. Nelle costruzioni di questa situazione finisca fornendo il regno delle comunicazioni come le merci accedono ad un libero ed estremamente ad un mercato competitivo: per mezzo dei video promozionali che li rappresentano come amichevoli, speciali, unico, originale o autentico (avete saputo che Gehry progetta «gli spazi che hanno anima»?) in modo da renderli desiderabili ad una classe sopranazionale di compratori.
È precisamente le caratteristiche di questi dispositivi che sono interessato nell'esplorazione con (ONU) il RealShit: un'indagine in corso sulle pratiche in vigore dell'introduzione sul mercato di architettura basate sulla video comunicazione. Usando il video che pubblica come strumento critico miro a rivelare alcuni di nuovi modi in cui l'ideologia architettonica sta costruenda e diffondenda con il web.
Che cosa ho notato, mentre passare in rassegna attraverso lo sciame delle clip promozionali inviate nei canali di Vimeo e di YouTube di molte ditte e società immobiliari dell'architettura, non è appena la tendenza rapidamente crescente a ricorrere alla video comunicazione per la rappresentazione dell'architettura, ma anche la presenza in queste clip dei tropi ricorrenti. Con (ONU) il RealShit che ho cominciato isolare esclusivamente ed analizzare questi tropi, in modo da capire meglio la logica rispondono a. Poi le riunisco nelle clip nuovissime che uso per criticare l'intero fenomeno.
Un tale tropo è «la costruzione auto costruziona». Usato spesso per le torri ed i grattacieli, questo tropo può presupporre vari modelli autopoietic: dal raduno spontaneo dei pannelli di vetro e delle travi di acciaio alla tessitura delle tagliatelle gigantesche che galleggiano in metà di aria. Quelli esperti con il film congelato conosceranno di che cosa sto parlando, dato che principessa Elsa evoca un castello del ghiaccio dalla crosta di una montagna nevosa come «i germogli di Jade Signature del condominio ultra di lusso» di Herzog & de Meuron da una spiaggia a Miami. Alcuni possono dire che questa è basicamente una traduzione cinematografica di processo molto studiato dell'architettura di Disneyfication. Sì è, ma più di quello, è inoltre che cosa Robin Sloan autore chiama «il movimento di Amazon: confusione assoluta di lavoro e della logistica dietro un bottone amichevole dell'affare». Cioè queste clip mostrano le architetture di cui la realizzazione non sembra costare una goccia di sudore o di sangue a chiunque, perché per essere vero desiderabili, in primo luogo devono essere percepite come amichevoli. Devono nascondere le lotte economiche, politiche ed ambientali che si trovano dietro loro, affinché la realtà possa essere percepita come merce dell'pronto--affare. Ma che cosa circa gli stati dei lavoratori che realmente li costruiranno? O le vite dei cittadini che sono stati espelsi per la privatizzazione della terra essi aumenteranno su? O gli stati di diseguaglianza che tengono sul perpetrare? per prendere in prestito una risposta da Sloan: «Non sappiamo. Non ci familiarizziamo. Siamo appena qui premere il bottone».
Se c'è un architetto che sa approfittare di video comunicazione, è Bjarke Ingels. Dall'inizio stesso della sua carriera ha indicato una facilità particolare davanti alla macchina fotografica, con protagonista in parecchi brevi video in cui le animazioni digitali sono usate per arricchire visivamente le spiegazioni delle sue idee di progettazione. Uno degli ingredienti del centro di queste clip è Ingels semplice, gesti visivamente fatti pagare che offrono un'interpretazione volgarizzata dei suoi progetti, che sono presentati come il risultato logico dei giochi dei vettori e delle forme, riprodotti letteralmente tramite i movimenti delle mani degli architetti. «La semplificazione», il secondo tropo che mi sono imbattuto in, può assomigliare ad una strategia di PR dell'innocente, ma ci sono le implicazioni qui, vale a dire, la relazione reale stabilita dai GRANDI progetti con i discorsi che li spiegano.
Tanto poichè sembrano rispondere al suo modo di narrazione, sarebbe ingenuo credere che la complessità dell'architettura di Ingels potesse essere ridotta ad alcuni movimenti schematici. Se mai, nel nascondere il processo reale dal risultato e nell'offerta della versione d'inganno e semplificata di, GRANDE ha trovato un modo efficacemente al copyright le sue idee. Non solo che, ma si si domanda in che modo l'architettura di GRANDE sta influenzanda a proposito in cui è rappresentata. Se consegnare le costruzioni che possono essere facilemente comprensibili in un video sta trasformandosi in in un marchio di fabbrica, quindi in una GRANDE produzione architettonica certamente viene ad essere definita dai progetti che possono essere spiegati in questo modo. Paradossalmente, che cosa è stato destinato per liberare il pensiero architettonico potrebbe trasformarsi nella sua propria gabbia.
Per concludere, ho dedicato l'ultima parte della mia video esplorazione «allo sloganisation» di discorso architettonico. Questa strategia esperta presuppone la tecnica sdricita di rethoric vuoto. Nel caso della presentazione di Daniel Libeskind «della villa Libeskind» – il suo «primo progetto residenziale di qualità superiore di un'edizione limitata di 30 ville da costruire universalmente» – l'architetto conta sulle metafore, l'iperbole, rime ed altri dispositivi retorici puntati su fondendo un'aura di extraordinariness sul suo progetto (terribile), in modo da trasformarlo in un oggetto di desiderio per la massa dei compratori il suo video promozionale presumibilmente è diretto a.
C'è è qualche cosa nuovo qui? Sì: il fatto che le parole altri e (di Libeskind) non sono scritte, ma agito. La scrittura alla responsabilità delle domande delle tracce va, poichè rimangono visibili e quindi responsabile per - come coloro che segue il conto di Facebook di Patrik Schumacher sappia molto bene. La video comunicazione, al contrario, è caratterizzata dalla sostituzione continua dei suoi elementi a tempo; ogni volta una frase è pronunciata, si fonde improvvisamente in aria, sostituita da quella seguente. Lo stato congenitalmente effimero di questi media ha permesso che la lingua architettonica raggiungesse i nuovi livelli di trashiness, eliminando il divario fra se stesso e la pubblicità della TV mentre espande quello che esiste fra le parole e le cose.
– Davide Tommaso Ferrando è un critico, un redattore, un curatore e un educatore dell'architettura, interessati specialmente alle intersezioni fra l'architettura, la città ed i media. È membro del comitato di coordinamento del padiglione italiano ai Di Venezia 2016 di Biennale di Architettura.