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#News
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Progettazione con gli ostacoli
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Un viaggio con le mostre di XXI Milan Triennale offre una probabilità riflettere su un piccolo oggetto grafico – il titolo – che può essere nascosto nelle progettazioni risplendenti e spettacolari di mostra, trasformantesi in un criterio da cui per misurare le caratteristiche più notevoli delle mostre. #21triennale
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Il titolo di mostra è un abituato grafico dell'oggetto a tutti. Contiene una spiegazione scritta di un'immagine ed è disposto accanto per rendere l'oggetto di riferimento comprensibile agli osservatori.
È sempre non scritto bene o leggibile poichè la fonte può essere troppo piccola, il torto di posizionamento (per esempio troppo lontano dall'oggetto) o la spiegazione insufficiente. Ospiti abbiamo tollerato spesso tali inconvenienti quando troppi titoli, testi e segni portano a vuotare le visite alle mostre imballati in pieno degli oggetti. Entrato con il meglio delle intenzioni, sono resistiti a con l'aumento di rapidità e di un desiderio tangibile sfuggire a. Vedete la metà della mostra, colta pochissimo ed avete richiamo vago. C'è molto dibattito sui nuovi metodi di mostra-progettazione, permanente e non ed abbiamo visto un impulso nei progetti e nella costruzione architettonica ma le mostre temporanee senza fine degli anni recenti, indipendentemente da fatto che negli spazi ad-hoc, soffrono da un clima che sostiene l'incertezza. Milan Triennale è stato sia prototipo che officina. Uno spazio dinamico di mostra creato parzialmente per contenere le invenzioni e le meraviglie, ha mantenuto una natura ibrida nel corso degli anni, aggiornanti e facenti un nome per se stesso come una delle istituzioni più versatili e più dinamiche in termini di temi e approcci di mostra-progettazione e le mostre giranti con i contenuti e le immagini disparati coesistono in un grande alto e spazio curvo (realmente, usare ed installare duro).
Oggi, il Triennale è dove la sperimentazione con i nuovi modelli di mostra ha realtà diventata. Una forte caratteristica di queste produzioni è sempre che non sono coordinati una con l'altra ma differire secondo i concetti e gli stili del loro curatore e progettista. Ciò si presenta entrambi nelle mostre e nelle progettazioni grafiche accompagnanti, da progettazione di mostra da catalogare.
Non troverete una forte immagine coordinata al Triennale ma a molte voci ed immagini differenti. Questa edizione è conferma di questa. Con una sovrabbondanza dei temi e delle sedi di mostra, ritorna con il XXI secolo del titolo «. Progettazione dopo progettazione», un gioco sulle parole che coppia il numero dell'edizione, ventunesimo, con il nostro secolo corrente. Con un singolo colpo, il grafico ha trovato una soluzione nel logo modernista che accompagna le nostre visite ma non fa niente di più. Ci sono due approcci di comunicazione: «una luce» quella istituzionale e più promozionale ha rappresentato da un manifesto di una persona nella società di un oggetto giallo misterioso, sviluppata in sei manifesto-oggetti che trovate all'entrata al dell'Arte di Palazzo, in una specie di «cappella» scura, l'oggetto misterioso disposto nel centro di un caso di vetro come una reliquia (chi sa!).
Il primo impatto con il modello di comunicazione viene nell'ingresso della costruzione, dopo avere lasciato un cortile esterno in cui parti gialle elevantesi della caratteristica delle colonne del logo. È un'introduzione gravosa. Provi a trovare il colophon del Triennale, che lista lunga dei lavori e dei nomi che vi dice «chi ha fatto che cosa» (una specie di geografia di potere); e che cosa è il punto di grande mappa territoriale sulla parete che è divisa con la mostra «delle stanze»? O la grande spaccatura di logo di XX1T fra una parete ed un altro…
Entro «nelle stanze». Quello primo guarda un piccolo come un latte Antivari di Korova (che di un film arancio del movimento a orologeria) con molto la scrittura sulle pareti nella fonte dominante di Helvetica (è quasi sempre). I molti testi sono come un libro con una prefazione, una prefazione e poi i capitoli, che sono le stanze specialmente sviluppate. Questi spiegano uno accanto all'altro in un emiciclo e comprendono altri testi più specifici della presentazione. In alcuni casi, devo cercare loro dentro e fuori perché sono nascosti. Le stanze riposano uno contro l'altro, troppo vicino; alcuni possono essere inseriti, altri non possono ma sono posti sopportabili o prigioni dichiarate? La giustapposizione non aiuta ed ancor meno così i testi che devono regolare la lettura ed il flusso. Non tocchi i segni per cominciare a comparire. Che cosa significate? Voglio toccare.
Di fronte all'trovo «il brillante!» mostra ed il suo negozio dei quasi gioielli, con i casi di vetro ed i titoli. Sono tutto il bianchi, migliore del nero che è prevedibile per gioielli. I pochi testi, leggibili, sono in nero ed oro su bianco in un funerale involontario di lusso.
Accanto, nella stanza centrale, è una mostra male accesa intitolata «la metropoli multiculturale». I muri di cinta sono a mano decorati, raggruppanti ed intersecanti i nomi delle minoranze etniche del mondo. Meno chiare sono le installazioni centrali: altare-scaffali su cui gli oggetti e le fotografie riposano. Credo che dobbiate stare in un posto specifico per abbinare gli oggetti su con i nomi sulle pareti ma non sono sicuro. Non vedo titoli visibili. Una mostra selvaggia, è quasi una transizione di fase. Effettivamente, gli ospiti io incontrarsi per passare con senza fermarsi e per tuffarsi nello scompiglio delle partecipazioni internazionali di fianco.
È alla grande scala, una forte prospettiva della costruzione, che in primo luogo guadagnate una visione globale. Liberi dalle comunicazioni sovrapposte o interrotte, prima che siate il logo e una parete decorati come se sia stato ricamo. L'entrata «W. Women ai passaggi di mostra in progettazione italiana» tramite ponte di bambù. La prima stanza è in relazione con tessitura e lacework, alle mani femminili. Sebbene la progettazione di mostra stia affascinando (più di meno per progredite), cerco i miei titoli. Quelli sulle tavole e sugli scaffali sono là, anche se minuscolo, ma quelli per i grandi oggetti che pendono dal soffitto per la manifestazione non sia. Gli chiedo un giovane addetto (portare una maglietta nera con l'oggetto misterioso ha stampato chiaramente su) e punti al pavimento. , Effettivamente, sto stando su un titolo. È nella dimensione 10, se quello e bianco. Oh, dico e piego giù di leggerlo.
La mostra continua, imballato con gli oggetti come un bazar con le trottole, i san sulle finestre ed i firmamenti ed è sempre la stessa – abbondanza dei titoli da camminare più. Che cosa circa i testi accompagnanti? Sono nascosti nel bailamme generale, quasi invisibile sulle pareti ma lungamente e non esattamente sull'invito. L'asse accade spesso, la mostra è concepita come un libro ma questo volta con le pagine mobili e se le cadute del libro sono riuniti su e sono sistemati a caso. È troppa così per me e duro un'ora del tempo di due ore suggerito di visita. Sono colpito da un oggetto inatteso: il Bacio Perugina da Luisa Spagnoli, 1924 (dice il titolo).
Ho lasciato «la preistoria neo – 100 verbi» (perché tutte queste lettere maiuscole nei titoli italiani…) la mostra per l'ultimo e sono accolta da una singola introduzione stile tabellone per le affissioni e da un ritratto fotografico dei due progettisti e curatori che sembra un piccolo come la capacità di distruggere più di quanto necessario. L'entrata è un piccolo spazio scuro a cui non è facile da adattarsi. Un altro addetto mi dice di seguire i numeri e di ciao perché ci sono tanti specchi. Effettivamente c'è e la progettazione di mostra sta alienando (qualcosa che scopra all'uscita che, a certo punto, comincio avere bisogno). Le sole maniglie fra gli argomenti di vetro che contengono gli oggetti, il dolmen gigantesco presentato per effetto e le specchio-pareti sono totem opaco-neri alti che stanno accanto ai casi di vetro e che sopportano i numeri progressivi. C'è «un verbo» e una breve dichiarazione in inglese, l'italiano ed ecc fino a 100 giapponesi (verbi).
Il punto è che questi segnali si scontrano irremediably con la struttura «incerta» della mostra. Così come essere punti funzionali e fissi nell'oscurità, sembrano come i totem per i partiti dei turisti. I titoli sono nel loro posto adeguato nei casi di vetro ma è l'improbabilità del tutto che regole. È il verbo o l'oggetto che ha diretto le scelte? C'è, infatti, un effetto di ritorno. Vengo al verbo a prendere le droghe e leggere sul totem che questo significa andare oltre i limiti al punto di abuso; per annegare nelle cattive abitudini ed essere dedicato. Il caso di vetro contiene un mucchio delle siringhe eliminabili. Che cosa ha diretto che cosa in questa scelta infelice? Certamente non una generazione esagerata! e guardi da dei totem. In una determinata fase, vi perderete come accadete ai turisti perché i segni sono posizionati male. Forse uno dei due curatori ha voluto riparare ed anche lavorato alla mostra adiacente. «Sottile» è una mostra circa carta giapponese e non la parte del programma di XI Triennale. Definito e luminoso, ha un itinerario facile ed intuitivo. Confrontando le due mappe fornite per le mostre, «la preistoria neo» una non ha significato mentre quello «sottile» è utile ma rimane in mia tasca.
Ora ci muoviamo verso via Tortona e Mudec, il museo con il logo cornuto. , In una costruzione che è chiusa (su se stesso), sul pavimento di mostra – ma senza i segni – c'è «Sempering. Processo e modello nell'architettura e nella progettazione», la prima mostra che visito fuori della sede principale. Ciò è una mostra dello specialista sviluppata nelle stanze di tema (con i titoli in inglese, perché?) e rigorosamente è progettata. I testi non abbondano ma ci sono molte serie compatte lunghe di titoli hanno posizionato 50 cm sopra il pavimento, dai lati verticali degli scaffali, invisibile ed illeggibile, o riposando direttamente sul pavimento. Sono abbastanza grandi e contengono che cosa presumo sono informazioni essenziali. La gente piega giù ma non li legge. Una signora protesta nell'ambito del suo respiro.
Dall'altro lato di Milano, il Fabbrica del Vapore sta ospitando «il nuovo mestiere» per montrare come i mestieri stanno essendo grazie ridefiniti alle opportunità offerte dalla tecnologia. La mostra è imballata con i video e una matrice delle multimedia (mentre l'esperienza già ha spazzato i monitor, gli schermi attivabili al tatto e la tecnologia varia a partire dalle mostre perché gli ospiti preferiscono la libertà di lettura (o di lettura). Invece dei titoli sono i grandi monitor messi ad altezza umana ed a parlare in un ciclo. Ciò produce un effetto del carosello ma e può la persona dietro perdonarmi, i contenuti è di nessun aiuto.
«La logica dell'approssimazione nella mostra di vita e di arte» è sopra al della Permanente di Palazzo. Dopo una scala introduttiva che è dura da leggere ed uno dei titoli usuali del pavimento viene un breve passaggio di Plexiglass dove le borse degli ospiti femminili si scontrano i titoli rischioso sospesi. La mostra riverbera con luce, si indirizza agli ospiti ed agli echi di altri simili in cui la scelta degli oggetti sembri dettata da una casualità premeditata ed ossessiva.
Quelli alla ricerca delle esperienze irragionevoli dovrebbero visitare «la chiamata oltre 35" al Accademia di Brera. Impossible trovare (nessun segni) e messo al sicuro sul pianterreno, manca di tutta la coerenza malgrado essere il prodotto di una chiamata dal Triennale stesso. Quando l'approssimazione vince, la progettazione grafica va ovunque come accade al della Tecnologia di Scienza e di della di Museo, che sta tenendo «la confluenza» nell'omaggio al tema generale. Potreste passare una coppia di ore che leggete le pareti dei titoli ed i testi nella stanza, impossibili. Dopo viene un blocco di supporti (poichè chiameremo queste partecipazioni internazionali di qualità irregolare), l'impatto di cui cadute a metà strada fra l'ufficio turistico e l'avanguardia.
«La progettazione dietro progettazione» al Museo Diocesano è un bel pasticcio completamente differente. Una mostra imballata con gli incroci e gli oggetti santi vari, fa troppi raggruppare insieme titoli, e difficile leggere – e l'estremità dell'itinerario in Music Room che potrebbe uscire da diritto l'ultima fermata gemellata di Peaks.My è al HangarBicocca, sulle periferie di Milano, visitare «l'architettura come arte». Ciò è, inatteso, la mostra esterna più come quelle alla sede principale, in termini di complessità e sforzo di produzione ed è ben adattata al magniloquence postindustriale degli spazi, circondato dalle torri di Kiefer e dai caroselli di Höller. Malgrado un tentativo di dividere le entrate, la verità è che il tutto è sperimentato nella continuità, con la negligenza totale dell'esperimento. O, forse, l'esperimento si trova in questo che scorre da una cattedrale il seguente, il passaggio da parte a parte, il contatto e finire confuso. Ci sono pochi testi ma, come al solito, un piccolo catalogo libero – la specializzazione della sede ospite – fa semplicemente ma esaurientemente il lavoro.
Mi fermerò qui perché la mia esplorazione si è conclusa, sebbene rimanga incompleta. I titoli ed i testi di mostra sono agonia per tutti: per i curatori che li vogliono (e bilingue), per i redattori sollecitati e per i progettisti che li snobbano, per gli appaltatori che li perdono e per i grafici che li inseriscono all'ultimo minuto. Una volta che la mostra è aperta, sono poi gli aiuti sventurati degli ospiti. Come tonico di post-baldoria, raccomandiamo Alan Bennett che va alle immagini.
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