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William Kentridge: Trionfi e lamenti
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Creato con una tecnica deliberatamente effimera, il fregio monumentale di Kentridge lungo il fiume il Tevere offre una lettura della storia di Roma, che contrappone lo splendore e miseria, gloria e sconfitta.
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Il fregio monumentale creato da William Kentridge sulle banche del Tevere è come una colonna trionfale dipanata. Le 80 immagini nella processione in effetti ricordano le scene incise sulla colonna di Traiano, senza tuttavia quanto segue alcun ordine o argomento di tempo particolare; è una serie di simboli, di archetipi e di eventi che sono stati interpretati nuovamente liberamente dall'artista sudafricano di talento per dire la sua versione della storia di Roma.
Così un busto di Cicerone, l'estasi di St Teresa e l'individuazione del corpo di Aldo Moro vivono parallelamente, in uno spazio metahistorical che è governato solamente dalla memoria emotiva. Associazioni che sovrappongono il passato distante con il presente più attuale: le vedove dei soldati romani e di quelli dei rifugiati a Lampedusa, Remo hanno ucciso da Romolo e dai pompieri sul lavoro dopo il bombardamento dell'area di San Lorenzo nel 1943.
I trionfi ed i lamenti – il titolo del lavoro – offre una lettura di una storia complessa che contrappone lo splendore e miseria, gloria e sconfitta; perché ogni trionfo conduce ad un lamento, una perdita, un dolore e per ogni vincitore là è sempre un perdente. La forma di prestito a questa ambivalenza, nella processione Kentridge ha scelto di descrivere i simulacri della dea alata Victoria in tre versioni: in primo luogo solido e forte, quindi ha fratturato dalle crepe ed infine riduttore ad un mucchio di macerie. Allo stesso modo trasforma i molti monumenti equestri che celebrano i trionfi negli idoli: Cavalli di Troia che rivelano le loro strutture interne e si sbriciolano alla terra, meri simboli diventanti della vanità di umanità. Anche il simbolo sovrano di Roma de-è costruito: la lupa che intrattiene il primo re di Roma è indicata scarno, vuoto, riduttore ad una carcassa ossuta. È il dualismo intrinseco di vita che si trova al centro di questa serie imponente di figure, costruito su un gioco degli opposti che si alternano e si completano.
La natura monumentale del fregio, di lunghezza di 550 metri e d'altezza di 10 metri, è contrapposta dalla tecnica stessa usata per crearla, deliberatamente effimero e fragile. Il lavoro è stato creato rimuovendo l'accumulazione organica depositato col passare del tempo sulla pietra, uno strato che restituirà lentamente, fino ad ogni segno, ogni traccia di questo grande fregio è stato annullato. È un processo organico: Kentridge ha scelto di lavorare con la materia vivente, che non può essere governata dall'uomo, ma che, al contrario, avrà inesorabilmente il vantaggio sopra la sua creazione in un processo che è una metafora per il ciclo di vita, composto della nascita-e-morte e della nostra instabilità totale.
Che cosa profondamente sta colpendo circa il lavoro è il modo che naturale integra nei dintorni; camminando lungo le banche del Tevere e guardando fuori dalle alte pareti, si può credere facilmente che sia stato là da immemorabile di tempo, che è stato sempre là. Allo stesso modo che, a Roma, non è insolito da trovare una testa Corinthian della colonna riutilizzata per fare parte dell'architettura di rinascita, o un tempio romano trasformato in una chiesa cristiana, il grande fregio già assomiglia ad un ritrovamento archeologico che armoniosamente è integrato nel contesto circostante.
Kentridge quindi è riuscito a catturare l'essenza stessa della città, per rappresentare il senso di passare il periodo, delle culture e delle ere che seguono uno un altro, della ricchezza della stratificazione; capendo quanta Roma è un esempio specializzato di bellezza sopportato di contaminazione.
Il tema della sovrapposizione e di innesto è collegato con la pratica favorita dell'artista, disegno animato. I suoi impianti più famosi, disegni per proiezione, sono film che si sviluppano su un singolo strato in cui, con l'uso delle tecniche malleabili quale carboncino, l'artista crea, sottraggono, aggiungono ed annullano le figure ed i caratteri. Una forma potente e pre-verbale di espressione, fatta delle immagini che trasformano e cambiano alla velocità di pensiero, dove la mano e la mente direttamente sono collegate e dove un corpo può trasformarsi in in una montagna o nel palmo di una mano si trasforma in in un lago. I trionfi ed i lamenti inoltre è legato a metamorfosi, non solo perché le sue figure sono indicate spesso nel cambiamento e nella trasformazione, ma per il suo processo graduale dell'annullamento che ricorda il tempo di esercizio di un film. Il cinema ed i suoi metodi narrativi sono punti chiave della poesia dell'artista che, in questi lavoro, richiamo e ri-elaborato i nostri gran maestri.
Quindi, Fellini è ricordato in vita del dolce della La, tuttavia Anita e Marcello non sono più abbraccio rappresentato nella fontana di Trevi, ma in una vecchia vasca. Rossellini d'altra parte è citato alla lettera, l'immagine simbolica di Anna Magnani che i morti in aperta del città di Roma sono gli stessi, mentre Pasolini ed il suo corpo massacrato trasformarsi in in metafore per un dolore universale e ricordare i molti uomini assassinati veduti da Kentridge in Africa durante gli anni di apartheid e che restituiscono sempre ai suoi impianti, in cui la riflessione politica è una caratteristica essenziale.
Oltre al cinema, il teatro ed il ballo sono forme fondamentali di espressione per questo grande padrone contemporaneo. Si non deve dimenticare che li ha studiati, insieme a mimo, da un'età molto giovane ed ha lavorato come sia l'attore che direttore. La musica inoltre ha svolto un ruolo centrale nella sua poesia di contaminazione fra le arti.
La prestazione il 21 aprile che ha inaugurato il lavoro in un singolo grande flusso prima di vasto pubblico è il risultato della fusione di tutte queste diverse discipline creative. Durante la sera, due processioni hanno cominciato dai lati opposti della riva del fiume, da uno dal ponte di Mazzini e dall'altro dal ponte di Sisto, a incontrarsi nel centro. I caratteri hanno marciato, sollevando i simboli e gli effigii e gettando le ombre che, come nell'allegoria di Platone della caverna, sono strumenti conoscitivi della realtà per Kentridge. Nella processione una canzone di Mandinka degli schiavi africani, una canzone popolare antichissima dall'Italia del sud e un grido di battaglia zulù del guerriero mescolato insieme per trasformarsi in in uno con le parole del poeta Rilke: Quella è la bramosia: per abitare in mezzo delle onde/e non avere patria a tempo.
Che migliore tributo alla città sa universalmente come eterno, dove tutto sembra essere sia immobile che, allo stesso tempo, nel moto perpetuo, appena come le acque del Tevere.