#Ispirazione
Coniugare, comfort termico, risparmio energetico e qualità dell’aria in un edificio scolastico.
Ne parliamo con il professor Ivan Micheli
Respirare un’aria di buona qualità, senza un’eccessiva concentrazione di CO2, è molto importante. Ma un corretto ricambio d’aria non può essere disgiunto dall’attenzione a un tema altrettanto importante: il risparmio energetico, specie in questi tempi di caro-bolletta. Lo sa bene il professor Ivan Micheli. Quarantaquattro anni, trentino, dopo una formazione in meccanica all’istituto tecnico M. Buonarroti si è laureato in ingegneria meccanica a Padova. Ed è tornato presto nel mondo della scuola, andando a insegnare impianti energetici proprio in un luogo così decisivo per la sua formazione tecnica, il Buonarroti.
Quella di Ivan Micheli (che esercita anche la libera professione) è una grande passione, che gli consente di trasferire agli studenti la sua esperienza di ingegnere specializzato in impianti energetici e risparmio energetico. Non stupisce dunque che assieme a Massimo Saiani, Francesca Riccobon, Agostino Calabrese, Assunta Iannone, Daniele Vicenzi e Alberto Franzaroli, suoi colleghi e colleghe, sia stato uno dei motori dell’adesione del Buonarroti all’importante progetto sostenuto dalla ex Dirigente Zoller e con la partecipazione di UpSens oltre a Databoom ed Ecoopera per migliorare la qualità dell’aria nelle scuole trentine.
La sfida per lui e i suoi studenti è consistita nel mantenere una buona qualità dell’aria senza andare a incidere in maniera significativa sui consumi: ecco cosa ci ha raccontato a riguardo.
Professore, cosa le piace dell’insegnamento?
Ritengo che ci debba essere un continuo confronto con gli studenti. È prioritario riuscire a interessare le nuove generazioni trasferendo loro conoscenze e metodologie. Il mio è un lavoro, mi si conceda il termine, socialmente utile, giacché si va a formare i tecnici, i professionisti di domani, ed è cruciale aiutarli a capire come si approccia il mondo del lavoro, e quanto sia importante avere un’adeguata conoscenza tecnica, un’applicazione adeguata delle regole, della matematica e così via. È un lavoro non facile, ma ciò che mi piace è proprio il rapporto con i ragazzi, e con la società in generale, dato che dietro a ogni studente ci sono dei genitori, c’è una comunità.
Il suo istituto, peraltro, è molto attento a queste tematiche. Cercate sempre di innovare.
Sì, al Buonarroti l’innovazione è affrontata a due diversi livelli. Da una parte ci sono i colleghi che gestiscono, studiano e verificano l’innovazione didattica, cioè le nuove metodologie e tecnologie da usare a scuola. Dall’altra dialoghiamo con i soggetti che producono innovazione, come le aziende hi-tech e gli enti di ricerca… mi riferisco alle startup di cui il Trentino è ricco, ma anche a FBK, al DISI ecc. L’evoluzione dunque è incessante, e procede su due binari paralleli.
Pertanto, vi rapportate con i principali attori dell’ecosistema trentino dell’innovazione.
Sì. Vede, io sono anche il coordinatore del Dipartimento di meccanica, e il referente per l’alternanza scuola-lavoro dell’istituto insieme alla collega Daniela Costa. L’alternanza coinvolge ben 1200 studenti su un totale di 1800, ed è un’iniziativa complessa, ma che sta dando i suoi frutti. E necessariamente abbiamo contatti frequenti con le aziende e con Confindustria Trento. Innovazione significa anche questo.
Il Buonarroti peraltro ha aderito a un progetto molto innovativo, che ha posto al centro la qualità dell’aria respirata nelle scuole del Trentino. Dato che lei è un ingegnere, quale giudizio dà sui sensori QuAir forniti da UpSens, che era un partner tecnologico del progetto?
Dunque, avevamo bisogno di monitorare la qualità dell’aria all’interno delle varie classi e i parametri di comfort, principalmente temperatura e CO2. Ci siamo avvalsi di QuAir per effettuare una prima analisi necessaria per una regolazione un po’ più fine della gestione delle temperature all’interno dell’istituto; questo perché al Buonarroti abbiamo un impianto senz’altro datato, ma che è stato ammodernato negli anni, quindi abbiamo un macro-controllo sulle varie zone in cui è diviso l’istituto.
Andando a distribuire in modo abbastanza uniforme i sensori siamo riusciti a regolare in modo ancora più preciso i tempi di accensione del riscaldamento e le temperature obiettivo. Con gli studenti di energia abbiamo iniziato l’analisi, e al contempo abbiamo tenuto sotto controllo l’andamento della CO2 facendogli capire l’importanza di dedicare attenzione al tema della qualità dell’aria, anche grazie ai colleghi di chimica sanitaria, che gli hanno spiegato come la qualità dell’aria si deteriori velocemente all’interno delle aule.
Il nostro istituto non è dotato di impianti di VMC; quindi, il nostro obiettivo è stato anche quello di ideare delle procedure per mantenere la qualità dell’aria accettabile riducendo al minimo le azioni di ventilazione. In altre parole, abbiamo dovuto trovare il giusto, e necessario, compromesso tra una qualità dell’aria accettabile e il risparmio energetico.
Coniugare, cioè, il comfort termico, il risparmio energetico e la qualità dell’aria.
Esattamente. Vede, tenere la finestra leggermente aperta per un’ora non serve a niente, mentre magari aprire tutte le finestre per quattro o cinque minuti purifica l’aria e riporta la CO2 a livelli accettabili, senza che la temperatura scenda… o meglio, scende solo la temperatura percepita, e appena si richiudono le finestre risulta evidente che non si sono verificati crolli delle temperature, e quindi neanche sovraccarichi del riscaldamento…
Di quanti sensori vi siete avvalsi?
Nella prima fase ventuno sensori.
Primi risultati da condividere?
Abbiamo notato una riduzione dei consumi del 30-35%. Tuttavia, è un dato da prendere con le pinze, serve ulteriore lavoro. Senz’altro la regolazione degli orari (e anche la loro ottimizzazione) da un lato, dall’altro l’ottimizzazione delle temperature tramite i sensori hanno sicuramente generato un risparmio energetico degno di nota. Purtroppo, ciò non si è tradotto anche in un risparmio energetico, dato che l’aumento del prezzo del metano si è mangiato tutto il risparmio, ma se non ci fosse stata quell’impennata dei prezzi si sarebbe verificata una riduzione di spesa molto più considerevole.
Questi ventun sensori sono stati disposti in vari punti, corretto?
Sì, abbiamo cercato aule diverse con esposizioni e tipologie costruttive differenti. Sa, li abbiamo installati anche in palestra, in alcuni uffici e in vari laboratori; in altre parole, sia in spazi molto grandi, che in spazi medi e piccoli. Il Buonarroti, come altri istituti di una certa rilevanza, è un aggregato di strutture, l’edificio ovest è diverso da quello est, e l’edificio sud da quello nord, e sono tutti caratterizzati da tipologie costruttive nonché da esposizioni diverse. Alcune aule hanno grandi finestre orientate a sud, per esempio, e altre finestre più piccole orientate però a ovest. Per tale ragione abbiamo cercato di installare i sensori dove negli anni precedenti aveva fatto più freddo, in modo da capire come regolare al meglio la temperatura anche secondo le nuove direttive che parlavano di stazionare sui 19° anziché sui 20° del passato. Nel complesso abbiamo lavorato in dieci aule didattiche, sette laboratori, una palestra e tre uffici.
Cosa accade una volta applicato il sensore?
Il sensore invia, tramite la rete WiFi del Buonarroti, i dati raccolti a un server, messo a disposizione da Databoom, altro partner del progetto. Segue la fase di analisi, per mezzo di una dashboard creata dagli informatici coinvolti nel progetto, fondamentale per avere una visualizzazione più leggibile dei dati. Consideri infatti che i sensori QuAir sono in grado di campionare ogni minuto, ogni due minuti, quattro o cinque tipi di dati diversi.
Solo rendendo i dati più leggibili è possibile la fase di analisi.
Esattamente. In altre parole, c’è il sensore, connesso alla rete, che invia regolarmente un bel po’ di dati a un server, dati che noi possiamo sfruttare per usare al meglio il sensore. Per esempio, quando il sensore si accorge che un parametro sta deviando da una precisa condizione di confort segnala ciò attraverso l’accensione di un LED rosso invece che verde. Il problema principale è sempre la CO2: nel giro di un’ora si possono raggiungere valori di CO2 che fanno scattare il LED rosso. L’elemento positivo di QuAir è che non solo raccoglie il dato, analizzabile dai tecnici, ma permette agli utenti di capire in modo facile e veloce cosa sta accadendo. Il dato può essere contestualizzato: ad esempio si può capire quanto tempo occorre prima di superare una certa soglia in quel tipo di aula, con quel tipo di studenti, con quel volume di aria… Per esempio, noi abbiamo cercato di capire il nesso tra volume di una stanza e il numero delle persone, in modo da ideare la procedura più efficiente possibile di ricambio d’aria per abbattere i livelli di CO2.
Chi è stato incaricato di effettuare il ricambio d’aria, nel concreto?
Quest’anno è stata creata una nuova figura: lo studente incaricato della sostenibilità e del risparmio energetico. Alla base di ciò l’idea di sensibilizzare gli studenti dal basso, e non soltanto dall’alto. Far sì, cioè, che i ragazzi si impegnassero per avere un ambiente più salubre.
Che impatto ha avuto la pandemia sulla consapevolezza dell’importanza di un ricambio d’aria efficace?
Un grande impatto. Prima della pandemia capitava spesso, al cambio dell’ora di solito, che l’insegnante entrasse in classe e chiedesse agli studenti di spalancare le finestre per cambiare l’aria. Ma io e i colleghi sapevamo che nelle aule non si respirava mai un’aria di buona qualità. Con il Covid-19 si cambiava l’aria ogni cinque, dieci minuti, come da indicazioni delle autorità sanitarie. Oggi occorre trovare la giusta via di mezzo tra un eccesso di ventilazione da pandemia e la limitata attenzione verso il ricambio d’aria del mondo pre-pandemia. Un progetto come quello che abbiamo implementato aiuta del resto a capire molto meglio certe dinamiche.
Qual è il suo giudizio complessivo sul progetto?
È stata un’esperienza molto positiva nel complesso. Ovviamente è un progetto di lunga durata, non si può certo esaurire in un anno. È stato lanciato un interessante progetto di monitoraggio, prezioso anche per far capire ai futuri tecnici quanto sia necessario avere dei dati per gestire. Oggi i media parlano con insistenza di Internet delle Cose, esistono lavatrici che inviano aggiornamenti sullo smartphone, insomma c’è grande attenzione per tutto ma alla fine la regolazione della qualità dell’aria non sembra interessare a nessuno… Bisogna rendere i giovani più sensibili verso questa tematica. Infine, è stato un progetto utile ad approfondire alcune tematiche relative all’energia: ad esempio gli scambi energetici, o l’entalpia dell’aria umida.
E lei? È cambiato anche il suo atteggiamento verso la qualità dell’aria?
Beh, lavorando come ingegnere nel settore dell’impiantistica sono sempre stato molto attento a questo tema. Questo progetto ci ha fornito i numeri per far toccare con mano agli studenti la centralità della tematica. Perché un’aria di buona qualità significa più benessere e più concentrazione.
Progetto anno scolastico 2022-2023